Governare gli algoritmi con Diletta Huyskes, ricercatrice in etica e politica tecnologica
Gli algoritmi sono ovunque, anche quando non si vedono. Per capire come comprenderli abbiamo parlato con Diletta Huyskes.
La Terra è un casino. Come fanno le persone a capire qualcosa di tutto quello che sta succedendo? Noi non lo sappiamo, quindi lo abbiamo chiesto direttamente a loro.
Io sono Federico Nejrotti e questa è Iceberg, la newsletter per andare a fondo. Chiediamo a esperte ed esperti delle materie più complesse di spiegarci cosa leggono, dove vanno e a chi chiedono per capirle.
Tutto questo lo facciamo insieme a Ufficio Furore, studio di progettazione che crea cultura radicale.
Sulla punta di questo iceberg non prende nemmeno il 3G. Il che senza dubbio è un problema, considerato che non possiamo far sapere a nessuno dove ci troviamo, Dall’altro lato, abbiamo finalmente tempo per pensare un po’ mentre osserviamo le nuvole diradarsi. Per esempio, come si progetta il design di un processo decisionale automatizzato? Questa, e molte altre, sono ottime domande da farsi sopra un enorme blocco di ghiaccio.
Questa è Iceberg, una newsletter che esce due volte al mese, ogni puntata contiene un’intervista (sempre con le stesse domande) a persone che studiano e capiscono cose complesse. Noi gli chiediamo come fanno a capirle, dove cercano le informazioni e come le organizzano per ritrovarle.
Questa è la quarta puntata della nuova stagione di Iceberg. Oggi intervistiamo Diletta Huyskes, ricercatrice che si occupa di etica e politica tecnologica - è la responsabile Advocacy & Policy di Privacy Network, un’organizzazione che si occupa di ricordarci e ricordare a istituzioni e grandi aziende quanto sia importante difendere i diritti fondamentali in una società digitale. Due settimane fa avevamo iniziato a fare un giro per internet insieme alla storica dell’arte contemporanea Valentina Tanni.
Chi sei e di cosa ti occupi?
Sono Diletta Huyskes, nome strano italiano e cognome strano olandese, e mi occupo di etica e politica tecnologica. E voi direte, ma che è. Sono laureata in Filosofia e dottoranda in Sociologia, con un progetto sul tecnofemminismo e il design dei processi decisionali automatizzati.
Da quasi tre anni mi concentro sugli impatti sociali dell’intelligenza artificiale, specializzandomi nello studio delle discriminazioni algoritmiche e dei software per automatizzare i processi decisionali nella sfera pubblica.
Ho lavorato alla Fondazione Bruno Kessler di Trento occupandomi di etica dei dati e da due anni sono la responsabile Advocacy di Privacy Network, associazione nata per la tutela dei diritti digitali e fondamentali.
Ho sempre mantenuto la collaborazione con diverse riviste, per tenere insieme teorie filosofiche e studi critici sulla tecnologia ed esperienze pratiche riguardo l’applicazione di alcune tecnologie nelle società.
Quali sono le prime cose che consulti non appena ti svegli? (tv, siti, app, podcast, newsletter… quello che preferisci)
Quindici anni fa vi avrei risposto: il televideo.
Mia madre mi aveva così abituata che la mattina mi svegliavo e glielo accendevo io, prima di fare colazione. Sono cresciuta con notizie sulla politica, quindi rimane un interesse grande.
Fino all’anno scorso – ma sempre meno negli ultimi anni – seguivo le rassegne stampa dei quotidiani la mattina, poi alcuni spazi politici su Twitter Spaces, e Twitter in generale. Ora non più, perché sento che abbiamo sacrificato molto il dibattito, o forse non lo trovo più interessante.
Quindi la mia routine con le fonti al mattino era più vivace quando avevo 11 anni. Purtroppo guardo troppo spesso anche LinkedIn. E poi, la chat degli associati di Privacy Network, uno spazio sicuro dove ci scambiamo tantissimi link su cosa succede nel mondo del digitale e della tecnologia, con commenti e dibattiti già di prima mattina.
Come tieni traccia delle cose interessanti che scopri?
Ormai ho liste per tutto. Letterboxd per i film, Goodreads per i libri, Feedly per le notizie, decine di cartelle browser con articoli da leggere o iniziative interessanti (oltre ai bookmarks su Twitter).
La mia app Note un giorno esploderà: ogni volta che leggo qualcosa di interessante me la scrivo pensando che un giorno sicuramente mi tornerà utile per una talk. Ho un altro foglio solo per le citazioni. Per i paper e le ricerche accademiche sono ben organizzata con Zotero.
Forse ho finalmente trovato un metodo senza mai averlo avuto. Ma ho capito una cosa: quando qualcosa mi colpisce davvero, non lo salvo per dopo, ma improvviso un’azione immediata. Ciò che non rientra in questa categoria difficilmente lo riapro.
Per tutte le altre cose che scopro, c’è il mio diario, perché ho molta paura di perderle.
Qual è la prima cosa che fai quando vuoi cominciare una nuova ricerca? (di qualsiasi tipo, sia a titolo personale che in modo “organizzato”)
Apro un documento, gli do un nome, e inizio a cercare sul web.
Molto spesso mi viene spontaneo collegare anche a cose molto pratiche un pezzo di letteratura, quindi di solito parto da un’idea, un autore/autrice, e poi ci attacco le informazioni empiriche, che trovo sulle news, su Google Scholar, su Twitter cercando per hashtag. Mi aiuta a concettualizzare.
Per le ricerche su tecnologia e pubblica amministrazione, ho a disposizione un po' di piattaforme dove lavoro molto con parole chiave.
Ci consigli alcuni siti, canali, app, podcast, newsletter… che per te sono dei punti di riferimento per tenerti aggiornatə?
Sono la giovane peggiore per parlare di podcast, credo di averne ascoltati tre in tutto.
Se avete la fortuna di avere il mio stesso feticismo su dati, discriminazioni, intelligenza artificiale e policy, queste sono le mie newsletter preferite: Invisible Women di Caroline Criado Perez, Automated Society di Algorithm Watch, Guerre di Rete di Carola Frediani, The EU AI ACT (molto feticista) del Future of Life Institute.
Poi ne seguo un’altra che ogni anno dà aggiornamenti sulla fioritura dei campi di tulipani nei Paesi Bassi, ma questa è un’altra storia.
Cosa diresti al “te ricercatore” che ha appena iniziato a fare ricerca?
Difficile darmi consigli in tempo reale! Quello che mi dico più spesso è: insisti.
Non rinunciare allo spirito critico, alla ricerca di senso, ma cercare di convincere gli altri della sua importanza, e lì in mezzo trovare uno spazio di mediazione.
“Il nostro compito è quello di creare problemi, di suscitare una risposta potente a eventi drammatici, così come di sistemare le acque agitate e di ricostruire luoghi tranquilli”, parola di Donna Haraway.
Mantieni il più possibile la passione che fa muovere attivamente la tua ricerca, quella fiammella che si accende – nel senso proprio che ti fa arrabbiare – e che ti spinge a voler capire. Questa è la cosa più importante.
Ma soprattutto, Diletta, trovalo ‘sto metodo.
Ci dai un consiglio per capire come comprendere cose complesse in modo semplice?
Mi disturbava così tanto l’idea che la tecnologia e l’intelligenza artificiale fossero circondate da discorsi puramente ed esclusivamente tecnici (quelle cose con le immagini su sfondo verde/blu con un cranio computerizzato, per intenderci) nonostante i potenziali enormi impatti sociali che mi sono unita a un gruppo di persone che hanno come obiettivo proprio questo: spiegarle a tutti, in modo semplice. È davvero difficile.
Sono una grande sostenitrice del pensiero complesso, e convinta profondamente che certi discorsi ne abbiamo bisogno, per poter essere compresi.
Allo stesso tempo, ci dico: ritorniamo all’esperienza pratica e alle contingenze.
Questa era la quarta puntata della nuova stagione di Iceberg. Se hai nomi da consigliarci per le prossime interviste, consigli o critiche puoi rispondere direttamente a questa mail.
Altrimenti, ci vediamo tra qualche settimana. Puoi iscriverti qui, oppure puoi inoltrare questa puntata a chiunque tu voglia. :)